Giorni di Natale in arrivo e qualche chances di recuperare un po' di serie dell'autunno Usa che vi siete persi. La prima da godersi è certamente Ray Donovan, regalo della Showtime, che mentre si beccava le maledizioni di tutti per l'ultima, deludente stagione di Dexter, se ne esce con un nuovo personaggio azzeccatissimo.
Ray, interpretato da Liev Schreiber, finora visto in un paio di Scream e X-Men, ma noto soprattutto per essere il marito di Naomi Watts, fa il lavoro di Wolfe in Pulp Fiction, risolve problemi. Alle star di Hollywood, ai campioni Nba, ai rapper. Ma soprattutto deve risolvere i suoi prblemi quando suo padre esce di galera dopo vent'anni: al gabbio ce l'avevano mandato proprio Ray e la sua cricca da qui i guai.
Intanto Ray si muove in una Los Angeles che sempra presa pari pari dai videogames di successo di Grand Theft Auto. I negri rappano e si muovono come se lo facessero 24 ore su 24, alcuni di loro se ne vanno in giro in pieno giorno con uan katana o girano con una macchinina da golf. Le puttane sono ovunque e lo stesso Ray quando risponde al telefono sembra il personaggio del videogame
L'idea del "risolutore" sembrava un po' abusata e infatti la sceneggiatrice Ann Biderman lascia le vicende delle star problematiche sullo sfondo, mentre la scena è occupata tutta da Ray e dalla sua famigla problematica. Il plot funziona nonostante la fissità dello sguardo di Schreiber. La sensazione è che al provino gli abbiano chiesto di fare la faccia del duro problematico e preoccupato e lui abbia risposto: "Non c'è problema, so fare solo quella".
Il vero protagonista che funziona e incanta è Mick, il padre di Ray, insomma, Jon Voight pronto a dimostrare che nella vita può tranquillamnte permettersi di non fare solo il papà di Angelina. Voight ipnotizza con la sua camminata sempre sopra le righe, ciondolante all'ennesima potenza, forse ancora più riuscita di quella di Un uomo da marciapiede. Voight non cammina, danza, su una vita ritrovata, sul desiderio di vendetta, sulla voglia di fare il padre a dei figli che non ha chiaramente saputo crescere. Per lui è tutto semplice, puttane, coca, drink, sono perfettamente compatibili con l'idea di voler fare il nonno o di voler stare accanto a uno dei figli che si porta dietro il trauma di un abuso sessuale da un prete. Un gigante con la faccia di gomma e il cervello di un babino di sei anni. Il personaggio perfetto che regge tutta la prima stagione della serie.
Ray, interpretato da Liev Schreiber, finora visto in un paio di Scream e X-Men, ma noto soprattutto per essere il marito di Naomi Watts, fa il lavoro di Wolfe in Pulp Fiction, risolve problemi. Alle star di Hollywood, ai campioni Nba, ai rapper. Ma soprattutto deve risolvere i suoi prblemi quando suo padre esce di galera dopo vent'anni: al gabbio ce l'avevano mandato proprio Ray e la sua cricca da qui i guai.
Intanto Ray si muove in una Los Angeles che sempra presa pari pari dai videogames di successo di Grand Theft Auto. I negri rappano e si muovono come se lo facessero 24 ore su 24, alcuni di loro se ne vanno in giro in pieno giorno con uan katana o girano con una macchinina da golf. Le puttane sono ovunque e lo stesso Ray quando risponde al telefono sembra il personaggio del videogame
L'idea del "risolutore" sembrava un po' abusata e infatti la sceneggiatrice Ann Biderman lascia le vicende delle star problematiche sullo sfondo, mentre la scena è occupata tutta da Ray e dalla sua famigla problematica. Il plot funziona nonostante la fissità dello sguardo di Schreiber. La sensazione è che al provino gli abbiano chiesto di fare la faccia del duro problematico e preoccupato e lui abbia risposto: "Non c'è problema, so fare solo quella".
Il vero protagonista che funziona e incanta è Mick, il padre di Ray, insomma, Jon Voight pronto a dimostrare che nella vita può tranquillamnte permettersi di non fare solo il papà di Angelina. Voight ipnotizza con la sua camminata sempre sopra le righe, ciondolante all'ennesima potenza, forse ancora più riuscita di quella di Un uomo da marciapiede. Voight non cammina, danza, su una vita ritrovata, sul desiderio di vendetta, sulla voglia di fare il padre a dei figli che non ha chiaramente saputo crescere. Per lui è tutto semplice, puttane, coca, drink, sono perfettamente compatibili con l'idea di voler fare il nonno o di voler stare accanto a uno dei figli che si porta dietro il trauma di un abuso sessuale da un prete. Un gigante con la faccia di gomma e il cervello di un babino di sei anni. Il personaggio perfetto che regge tutta la prima stagione della serie.