Non vi piacciono i vampiri? Vi fa un po' schifo il fantasy? Odiate l'ambientazione da profondo sud Usa con i protagonisti eternamente sudaticci? Non fa niente, perchè in True Blood c'è tutto questo, ma è solo la patina. In queste quattro stagioni Alan Ball, quello che ha scritto American Beauty e Six Feet Under per intenderci, ha messo in scena i caratteri classici: l'eroe e l'antieroe (i due vampiri Bill e e Eric), i cui ruoli, però, spesso si confondono nel balletto intorno alle tette di Sookie. E pure una serie di caratteri di contorno godiblissimi, a cominciare dal cuoco-gay-medium LaFayette, per finire alla galattica imbecillità del fratello di Sookie, Jason. In più nei 48 episodi nella cittadina di Bon Temps e nei boschi circostanti è sbarcato di tutto: vampiri, licantropi, streghe, antiche divinità dei baccanali, uomini che prendono forme di animali, licantrpi e perfino pantere mannare.

E infatti la parte politica della convivenza democratica tra umani e vampiri, una volta che questi ultimi sono venuti allo scoperto grazie all'invenzione del sangue sintetico (il True Blood, appunto), finisce sempre in secondo piano. In fondo per i licantropi come per i vampiri c'è sempre una logica da branco a guidarli, una logica in cui risiede forse gran parte del fascino di una serie tra le migliori degli ultimi dieci anni.
Io che sarei "lui", in realtà, ci provai. Ma è proprio più forte di me: i vampiri mi annoiano a morte e dopo non risorgo nemmeno. C'era, sì, qualche nota grottesca che mi attirava ma... niente.
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